Chi sceglie l’avvocato in condominio?
Le cause condominiali in Italia sono sempre più numerose. Le statistiche parlano chiaro: più di 2 milioni di cause civili nel nostro Paese hanno ad oggetto problematiche sorte all’interno degli edifici condominiali. E la Sicilia è la terza in classifica per numero di contenzioso.
Occorre, dunque, chiedersi chi è chiamato a nominare e, prima ancora, a scegliere il professionista che dovrà difendere il condominio in giudizio.
L’assemblea come organismo sovrano
Cominciamo subito col dire che l’assemblea è l’organismo sovrano del condominio: essa ha per legge una competenza generale in materia di gestione delle parti comuni.
A questa spetterebbe, dunque, in via di principio, il conferimento dell’incarico al professionista.
Sul punto la Corte di cassazione ha affermato che «l’autorizzazione dell’assemblea a resistere in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la procura ad litem al difensore che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in definitiva, l’amministratore non svolge che una funzione di mero nuncius, per cui anche solo esprimere la volontà di introdurre il contenzioso costituisce valida delega, essendo poi rimesso al difensore la scelta del tutto tecnica di modulare le difese, anche quanto alla tipologia di azione giudiziale da intraprendere a garanzia della posizione fatta valere (in termini, v. Cass. 24 febbraio 2014 n. 4366)» (così Cass. 30 maggio 2014 n. 12220).
In sostanza l’assemblea che conferisce mandato all’amministratore può (e non deve) nominare l’avvocato, con la conseguenza che in mancanza di espresso conferimento d’incarico ad un legale, tale scelta potrà essere effettuata dall’amministratore.
La nomina da parte dell’amministratore
Tuttavia, la legge stabilisce che per tutte le azioni (attive e passive) riguardanti le attribuzioni elencate dall’art. 1130 c.c., ed in generale quelle che fanno riferimento ad attribuzioni dell’amministratore, quest’ultimo può agire in giudizio autonomamente, nominando un legale di fiducia della compagine.
Per quanto riguarda, ad esempio, il ricorso per decreto ingiuntivo, essendo il recupero del credito un’attribuzione diretta dell’amministratore, egli potrà nominare l’avvocato con ampia discrezionalità, salvo che non vi siano precedenti indicazioni dell’assemblea in tal senso.
L’amministratore ha anche il potere di nominare l’avvocato del condominio, senza dover ricorrere necessariamente alla riunione e alla sua approvazione, anche in relazione ad eventuali impugnazioni del deliberato assembleare. E’, infatti, una sua specifica attribuzione quella di eseguire e difendere le deliberazioni dell’assemblea.
Con la sentenza n. 8309 del 2015 la Corte di cassazione ha chiarito che «in tema di condominio negli edifici, l’amministratore può resistere all’impugnazione della delibera assembleare e può gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, giacché l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso» (cfr. anche Cass. n. 1451 del 2014; Cass. n. 27292 del 2005).
Anche con la recente ordinanza n. 7884 del 19 marzo 2021 la Suprema Corte è tornata sul tema precisando che «deve riconoscersi all’amministratore il potere di agire in giudizio, al fine di costringere il condomino inadempiente all’osservanza dei limiti fissati dell’art. 1102 cod. civ. In tale ipotesi, l’interesse, di cui l’amministratore domanda la tutela, è un interesse comune, in quanto riguarda la disciplina dell’uso di un bene comune, il cui godimento limitato da parte di ciascun partecipante assicura il miglior godimento di tutti». E così la denuncia dell’abuso della cosa comune da parte di un condomino rientra tra gli atti conservativi che, ai sensi dell’art. 1130, n. 4, cod. civ., spettano all’amministratore «senza alcuna necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini» (Cass., Sez. II, sentenza n. 6190 del 03/05/2001; Cass., Sez. II, sentenza n.13611 del 12/10/2000).
L’amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell’ambito delle proprie attribuzioni, non necessita dunque di alcuna autorizzazione assembleare (Cass., Sez. II, sentenza n. 10865 del 25/07/2016).
Tale orientamento giurisprudenziale sembra ormai consolidato e risponde alla ratio della riforma condominiale che ha ampliato tanto i poteri quanto le responsabilità dello stesso amministratore di condominio.
Anche per le liti attive e passive che esorbitino dalle sue attribuzioni, l’amministratore potrà – in caso di urgenza e per evitare di incorrere in decadenze processuali – provvedere direttamente a costituirsi in giudizio, ma in questo caso occorrerà la ratifica successiva dell’assemblea (Sezioni Unite, sentenza n. 18331 del 2010).
Il dissenso alle liti
L’unico rimedio del quale possono avvalersi i condomini che non siano d’accordo con la decisione presa dall’amministratore, è il cd. “dissenso rispetto alle liti” previsto dall’art. 1132 cod. civ..
Tale forma di opposizione deve essere notificata all’amministratore entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione oppure può essere direttamente espressa nel verbale dell’assemblea se il condomino che intende avvalersene vi ha partecipato.
La manifestazione di tale “dissenso” da parte del condomino ha come conseguenza che egli, nel caso in cui il condominio risulti soccombente nel giudizio, non sarà tenuto ad effettuare esborsi alla parte vittoriosa, e quelli eventualmente sostenuti dovranno essergli rimborsati dai condomini consenzienti.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’esito della controversia sia, invece, stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente, che abbia tratto vantaggio della vittoria, sarà comunque tenuto a concorrere al pagamento delle spese del giudizio che non sia stato possibile ottenere dalla parte soccombente.