I comproprietari vanno tutti convocati

I comproprietari vanno tutti convocati

La comproprietà di un immobile può verificarsi sostanzialmente per tre ipotesi.

La prima ipotesi di comunione è quella volontaria che sorge quando due o più soggetti decidono in accordo tra loro di acquistare lo stesso bene e di condividerne la proprietà.

La seconda ipotesi di immobile in comunione è quella che riguarda i coniugi: marito e moglie, che non si siano sposati in regime di separazione dei beni, acquistano in comunione legale l’immobile dopo le nozze.

La terza ipotesi è, infine, quella che interviene tra coeredi, detta anche comunione ereditaria la quale si verifica quando, a seguito della morte del precedente proprietario, a questi succedono due o più persone. Tra i coeredi si instaura in automatico una comunione, vale a dire una comproprietà sullo stesso bene.

Quando l’immobile in questione si trova all’interno di un condominio, ecco che nasce il problema della convocazione di tutti i comproprietari.

Sul punto la giurisprudenza non sempre è stata unanime, anche se è principio consolidato, soprattutto dopo la riforma del 2012, che tutti i comproprietari hanno il diritto di partecipare alle assemblee condominiali.

E d’altronde l’art. 67 disp. att. cod. civ. dispone che «qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice». Ciò significa che tutti i comproprietari hanno il diritto di partecipare alla riunione di condominio, ma la loro volontà si considera unica; essi, in altri termini, possono esprimere un solo voto.

Le stesse norme di attuazione del codice civile dispongono, a differenza di quanto avveniva in passato, che i comproprietari di un’unità immobiliare in condominio, in caso di contrasto sulla nomina del loro rappresentante, debbano procedere con delibera a maggioranza interna. Ciò implica, quindi, che tutti i comproprietari dovranno necessariamente essere messi al corrente della convocazione dell’assemblea per poter decidere chi di loro manifesterà il voto (che deve essere unico) in assemblea.

 

Orientamenti contrastanti

Nel 2017 il Tribunale di Roma, partendo proprio dall’art. 67 delle disp. att. cod. civ., ha statuito che la mancata presenza in assemblea di uno dei comproprietari non può essere considerata assenza ai fini anche dell’impugnativa della delibera laddove sia presente un altro dei comunisti. Quanto sopra «in applicazione del principio posto dall’art. 67, comma 2, disp. att. cod. civ., secondo cui in caso di comproprietà del bene a più persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante in assemblea, designato dai comproprietari interessati, disposizione da cui discende la conclusione che, in difetto di prova contraria e senza necessità della delega scritta prevista dal primo comma di tale disposizione in relazione al caso in cui la rappresentanza in assemblea sia attribuita ad un soggetto estraneo, il comproprietario presente in assemblea rappresenti anche gli altri comunisti» (Trib. Roma, sent. 11 dicembre 2017, n. 23028).

L’anno successivo, tuttavia, il Tribunale di Grosseto, con sentenza n. 565 del 07/06/2018, ha stabilito invece che la mancata convocazione di tutti i comproprietari dell’immobile indiviso sancisce l’irregolarità dell’assemblea, sul presupposto che la legge impone la regolare convocazione di tutti gli aventi diritto.

Nello specifico il Tribunale di Grosseto aveva affermato che «ove vi siano più comproprietari di un’unità immobiliare facente parte del condominio, la convocazione deve giungere a ciascuno di essi, affinché possano individuare un loro rappresentate che partecipi alla assemblea, secondo quanto previsto dall’art. 67 disp. att. c.c.», precisando, inoltre, che «spetta all’amministratore premurarsi di avvisare anche coloro che non vivono stabilmente nell’edificio condominiale ed individuare correttamente coloro ai quali deve essere inviata la convocazione all’assemblea, affinché la stessa possa legittimamente deliberare».

Cambia, così, un orientamento prima abbastanza radicato. E pochi anni dopo, nel 2020, il Tribunale capitolino interviene rilevando, proprio sulla scorta dell’art. 67 disp. att. cod. civ., che affinché tale norma abbia un’operatività effettiva è indefettibile che tutti i comproprietari abbiano conoscenza della convocazione della assemblea.

Una diversa lettura della norma, non consentirebbe, infatti, di attuare, nella sostanza, il diritto ivi contenuto e codificato, ovvero la preventiva concertazione sulla posizione comune da tenere in relazione alle questioni indicate nell’ordine del giorno, propedeutica alla nomina del rappresentante comune (Trib. Roma, sent. 3 febbraio 2020, n. 2268)

Tale orientamento sembra oramai consolidatosi, tant’è che con una più recente sentenza del 2021 il Tribunale di Roma è tornato sul tema affermando che «anche nel caso in cui l’immobile è unitario i comproprietari hanno diritto ad essere convocati in assemblea: la norma di cui all’art. 67 co. 2° disp. attuaz. c.c. non esclude, ma anzi sottolinea la necessità che tutti i comproprietari siano resi edotti della convocazione assembleare, onde poter concordare la propria posizione in ordine alle questioni all’o.d.g. e determinare il proprio rappresentante comune» (sentenza n. 14944 del 27 settembre 2021).

 

Presunzione di conoscenza

Accanto alla citata giurisprudenza di merito, chiamata più volte a pronunciarsi in ordine alla validità delle deliberazioni assembleari adottate in violazione delle norme codicistiche, vi è consolidata giurisprudenza di legittimità che evoca il principio di presunzione di conoscenza dell’avviso di convocazione da parte di tutti i comproprietari.

Va evidenziato, infatti, che in alcuni casi la validità della convocazione si può evincere dall’avviso consegnato all’altro comproprietario, in presenza di circostanze presuntive tali da far ritenere che uno abbia reso edotto l’altro. È il caso dei coniugi comproprietari dell’appartamento in cui convivono, in pieno accordo e senza contrasti di interessi tra di loro, per i quali è stato ritenuto presumibile che l’invito notificato ad uno dei due fosse stato portato a conoscenza dell’altro (Cass. n. 1206/1996).

 

Onere della prova della regolarità della convocazione

Va anche evidenziato, per completezza, che ricade sempre sul Condominio l’onere della prova in merito alla regolarità della convocazione e della trasmissione del verbale di assemblea (Corte di Cassazione, ordinanza n. 21311 del 14 settembre 2017). Quanto affermato trova pacifico riscontro nella giurisprudenza secondo la quale «la prova della regolare convocazione dell’assemblea deve essere fornita dal Condominio, non potendo dare, il condomino, la prova negativa di non essere stato convocato (v. Cass. 5254/2011; Cass. 10875/1998) e costituendo, l’avviso, un elemento costitutivo della validità della delibera (v. Cass. ordinanza 22685/2014)».

Sotto tale profilo, peraltro, ai fini probatori, sarà sufficiente per l’amministratore dimostrare la spedizione della raccomandata e non l’effettivo ricevimento della stessa (ex multis, Cass. Civ. n.8265/2019).

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Una risposta

  1. L’orientamento predominante si è quindi attestato sul principio che l’avviso di convocazione assembleare deve essere effettivo per tutti i comproprietari dell’appartamento condominiale per consentire loro di concertare, prima dell’assemblea, la posizione da assumere rispetto ai vari punti all’ordine del giorno che verranno concretizzati nel voto del loro rappresentante. In un condominio di medie grandi dimensioni mi appare però una soluzione ispirata a criteri eccessivamente burocratici che penalizzano il rapido raggiungimento della volontà assembleare. Una soluzione più rapida poteva pur essere trovata magari non altrettanto garantista sul piano formale ma certamente più rispondente alle esigenze concrete di celerità in un mondo sempre più informatizzato.

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