Rimedi preventivi per evitare la perdita del beneficio fiscale a causa dei lavori interrotti nel Superbonus 110%

lavori edilizia

La domanda che, di questi tempi, più spesso mi sento porre da chi ha avviato i lavori con il Superbonus 110% è la seguente: “cosa posso fare per non perdere il Superbonus?”. Seguita quasi sempre dalla seguente: “come posso legalmente agire nei confronti dell’impresa edile che mi ha abbandonato al mio destino?”.

Non esiste un unico rimedio preventivo per evitare la perdita del beneficio fiscale a causa dei lavori interrotti nel Superbonus 110%.

Occorre, anzitutto, premettere che, come per tutte le situazioni giuridicamente rilevanti, non vi è una soluzione unica ed ogni rimedio preventivo deve essere attentamente valutato con riferimento alle specifiche peculiarità di ciascun caso. L’avvocato dovrà, infatti, valutare caso per caso le criticità della situazione – che spesso nascono anche da contratti d’appalto frettolosamente sottoscritti – al fine di individuare il percorso più idoneo a tutelare ora il committente ora l’impresa edile (anche quest’ultima corre dei rischi e si rivolge giustamente ad un legale a tutela dei propri interessi).

Rispetto all’inerzia delle imprese – e sovente anche di alcuni direttori dei lavori che, in ogni caso, mantengono una importante fetta di responsabilità nel caso in cui l’operazione non giunga a completamento – alcune persone, prese dalla paura di subire “ritorsioni” da parte dell’Agenzia delle Entrate, corrono ad assecondare improbabili richieste e, pur di “non perdere il Superbonus 110%”, accettano di anticipare pagamenti o di sottoscrivere dichiarazioni di esonero di responsabilità. Altre, invece, restano fatalmente in attesa di un fondo svizzero che possa “sbloccare le cessioni”. Inutile dire che, in questi casi, è bene sempre rivolgersi ad un avvocato esperto che sia in grado di decifrare legalmente la situazione e proporre una soluzione “sartoriale” e non avventata (che il più delle volte peggiora ancora di più le cose).

Le (tante) variabili che rendono ogni caso diverso dall’altro richiedono soluzioni diverse.

Le variabili, in tema di Superbonus, sono oggettivamente tante. Per cui, a seconda che il credito sia già stato trasferito o meno all’appaltatore, ad esempio, potrebbe anche non convenire procedere alla risoluzione per inadempimento se non si ha la disponibilità di un’altra impresa che possa completare i lavori in luogo della precedente oppure nel caso in cui non vi siano i requisiti per rientrare nel cd. “coefficiente familiare” per continuare a godere dell’agevolazione fiscale nella sua evoluzione normativa (e con la sua diminuzione percentuale).

Nei casi in cui mancasse solo qualche intervento (non si sia riusciti, ad esempio, ad installare l’impianto fotovoltaico), potrebbe essere più conveniente per il committente procedere con una variante che, fermo restando il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento energetico, consenta di chiudere i lavori in misura, per così dire, “ridotta” rispetto a quelli originariamente progettati.

Certo è che, nella maggior parte dei casi, il ricorso all’Autorità giudiziaria potrebbe non garantire una risposta efficace e tempestiva ed un eventuale provvedimento giudiziale potrebbe intervenire quando è già troppo tardi, considerato il termine utile per beneficiare della detrazione (ne abbiamo già parlato in questo articolo “Lavori Superbonus 110% unifamiliari: cosa si rischia se non si finiscono i lavori entro il 30 settembre 2023“); ed allora diventano certamente più efficaci sistemi alternativi di risoluzione delle controversie – come la mediazione civile o la negoziazione assistita – che possono condurre ad un accordo tra le parti circa il prosieguo del cantiere.

L’utilizzo del credito cambia lo scenario.

A tal proposito occorre precisare che nei casi in cui il bonus fiscale non sia stato utilizzato non vi sarà danno per l’Erario e, dunque, committente e prestatore avranno più facilmente la possibilità di accordarsi per risolvere finanziariamente le rispettive richieste (da un lato la richiesta di pagamento dei lavori effettuati, dall’altro la richiesta dei danni derivanti dall’interruzione dell’opera) o per modificare le pattuizioni originarie.

Laddove, invece, il primo Stato Avanzamento Lavori (SAL) fosse già stato oggetto di trasferimento occorrerà assumere iniziative diverse poiché il credito fiscale, seppur esistente all’epoca in cui fu utilizzato, non essendosi più consolidato in relazione al termine dell’opera, diventerà tecnicamente «non più spettante», con la conseguenza che committente ed appaltatore potranno accordarsi sui diversi profili che riguardano il ravvedimento operoso e la restituzione del credito con applicazione della sanzione base.

Ancora diverso è il caso di chi, insieme al Superbonus 110%, ha usufruito dei cosiddetti “bonus minori”, pagando in anticipo lavori che non sono poi stati eseguiti.

Ogni caso è, evidentemente, diverso dall’altro e non rivolgersi immediatamente ad un avvocato esperto in Superbonus – magari fidandosi delle promesse dell’impresa che dice che accelererà i lavori se gli forniamo un po’ di liquidità – può costare davvero caro.

Che si tratti di avviare il procedimento di mediazione civile, di diffidare l’impresa appaltatrice, di intimare la risoluzione del contratto o la più semplice (si fa per dire) consegna della documentazione tecnico-contabile del cantiere, il consiglio principale è sempre quello di affidarsi ad un avvocato esperto in Superbonus che possa individuare la migliore soluzione per uscire dall’impasse che si è creata.

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