Super bonus e condòmini dissenzienti

L’art. 63 del D.L. 104/2020 (Decreto Agosto) è intervenuto ad introdurre una significante modifica nella disciplina delle maggioranze assembleari in ambito di Superbonus 110%. Per le delibere relative al Superbonus, infatti, è oggi sufficiente un numero di voti favorevoli che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio.

Tuttavia, come sempre avviene in tema di decisioni dell’assemblea nell’ambito di lavori condominiali, non basta il rispetto dei quorum deliberativi previsti, ma occorre valutare le eventuali conseguenze dell’intervento tecnico da realizzare sulle proprietà private

Evidentemente, la collocazione di un cappotto termico (tipico intervento “trainante” per i lavori Superbonus) incide su soglie e davanzali, anche riducendo il piano di calpestio dei balconi che costituiscono uno spazio di proprietà privata.

Occorre, dunque, previamente acquisire il consenso del singolo condomino.

Richiamando la nozione di “opera innovativa” alcuni Tribunali si sono pronunciati nel senso di dichiarare nulla la delibera con la quale, senza il consenso del proprietario, si approva l’esecuzione di lavori che incidono sulla proprietà privata (così il Tribunale di Roma con la sentenza n. 17997 del 2020).

 

Opposizione del dissenziente al cappotto termico: come gestirla?

Considerato che, per conseguire il vantaggio fiscale, occorre assicurare un miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio (o la maggiore in concreto perseguibile), come conciliare tale requisito con l’opposizione del condomino all’installazione del cappotto sul proprio balcone?

Premesso che ai sensi dell’art. 1137 Cod. Civ. le deliberazioni assembleari sono obbligatorie per tutti i condomini, la contrarietà del singolo condomino può riferirsi alla sola collocazione del cappotto termico sulla propria porzione di balcone e non all’intera opera di riqualificazione energetica da effettuarsi sulle parti comuni.

L’esperienza pratica ci mostra tre possibili soluzioni al problema:

  1. La prima soluzione è quella giudiziale: l’art. 843 Cod. Civ. impone l’accesso al fondo per l’esecuzione di opere che non possono essere altrimenti eseguite. Se l’accesso cagiona danno è dovuta, poi, un’adeguata indennità. L’accesso del termotecnico nella proprietà privata al fine di eseguire verifiche, saggi e misurazioni sulla parete esterna può essere considerato alla stregua di un accesso al fondo ex art. 843 cod. civ. con la conseguenza che ci si potrà rivolgere al Giudice per stabilire le forme e i modi dell’accesso, oltre che per chiedere eventualmente il risarcimento del danno. Tale soluzione evidentemente sconta i tempi lunghi della giustizia e rischia, tuttavia, di far “scappare” tecnici ed imprese;
  2. La seconda soluzione che si prospetta è quella prettamentecondominiale”, o meglio assembleare: si tratta di gestire il dissenso ex art. 1121, secondo comma, cod. civ. per cui gli altri condomini hanno la possibilità di imputare le spese dei dissenzienti a loro stessi. In questo caso non si applicheranno le tabelle millesimali e le opere verranno ripartite fra tutti i condomini ad esclusione di quelli dissenzienti. Tale soluzione è certamente la più agevole nel caso in cui l’ostacolo frapposto dai contrari alla realizzazione del cappotto termico sia solamente di natura “finanziaria”;
  3. La terza soluzione è quella tecnica ed è quella maggiormente utilizzata nella prassi per superare l’ostacolo. Si tratta di adottare (grazie anche alle nanotecnologie) quelle soluzioni tecniche che consentano di realizzare un cappotto parziale, purché si attuino accorgimenti che evitino di deturpare il decoro architettonico e sempreché la superficie interessata dal cappotto sia superiore al 25% di quella disperdente lorda dell’edificio e l’opera consenta il doppio salto di classe energetica.

Quest’ultima soluzione – ad avviso di chi scrive – è quella consigliabile laddove l’opposizione del condomino all’installazione del cappotto termico non sia legata a ragioni solamente economiche.

E’ importante, tuttavia, che la delibera assembleare preveda la facoltà per il condomino dissenziente di non realizzare il cappotto sul proprio balcone ricorrendo ad altre soluzioni (in tal senso si è pronunciato il Tribunale di Milano con l’ordinanza del 13 agosto 2021).

Anche il Tribunale di Busto Arsizio si è pronunciato sul tema, affermando che la delibera che preveda l’installazione del cappotto termico in condominio è nulla se assunta a maggioranza dei condomini, laddove non vi sia il consenso di tutti i condomini interessati dalla riduzione degli spazi utilizzabili dei balconi di proprietà individuale. «Compete, infatti, al singolo condomino apprezzare la vantaggiosità, in termini di risparmio energetico e di comfort abitativo, della perdita di superficie della proprietà individuale» (Tribunale di Busto Arsizio, sentenza n. 514 del 7 aprile 2021).

L’orientamento giurisprudenziale che si sta delineando è d’altronde in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite. I giudici supremi hanno, infatti, precisato che l’assemblea, quale organo deliberativo della collettività condominiale, è legittimato ad occuparsi solo della gestione delle parti e dei servizi comuni. L’assemblea, in altri termini, non può perseguire finalità extracondominiali e per intervenire su beni di proprietà esclusiva dei condomini non potrà che farlo con il consenso dei singoli proprietari esclusivi (metodo cd. “contrattuale” che va applicato ogni qualvolta la delibera condominiale incida sui diritti dei singoli, cfr. Sezioni Unite, sentenza n. 9839 del 14/04/2021).

 

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